Umbrià

Nell’incipiente crepuscolo di questa sera d’autunno, sono salito fin lassù, verso il camposanto a mezza costa, vegliato dall’alto da un platano secolare.
Ho percorso quasi in punta di piedi gli angusti viali sottratti al regno delle sepolture.

 Perché «Umbrià»?

 Forse perché un tempo maestosi alberi di castagno vi stendevano rami frondosi, a protezione dalle insidie delle pioggia e del sole cocente, o forse perché questo è il regno delle ombre.
Fugaci ombre che si affollano nei miei pensieri, volti ormai sempre più noti.
Da bambino, solo evanescenti immagini, legate alla filiera dei ricordi dei vecchi, ora evocatrici di frammenti di vita, trascorsi insieme, lanciati verso la stessa traiettoria.
Di fatiche, mi parlano, di logoranti sacrifici.
E lamentano l’indifferenza di figli troppo viziati, avvezzi a dar per scontato un benessere, ritenuto a torto inalienabile diritto.
Povere storie, amare delusioni per le inutili lotte cui non rendono giustizia marmi dozzinali e foto di circostanza.

Questo è il regno dell’oblio.

 Eroi senza corona, che hanno lottato contro il tempo iniquo e la miseria ingrata, ricorrendo un sogno d’eternità perduta. Lumi e fiori freschi non basteranno a perpetuarne la memoria.
A voi fu dato l’uso degli strumenti per un duro lavoro, a me la penna per ricordare, in questo scorcio di vita che corre verso un identico destino, le vostre piccole grandi storie.
 No, non saranno sepolte insieme a voi: la memoria non si spegne, come i lumi che ardono sulle vostre tombe: risorge come Araba Fenice dalle ceneri dell’oblio, nel momento del crepuscolo di questo nostro fatale andare.
Ancora più vivida, come i raggi del sole che dardeggiano dietro le nubi in una fantasmagoria di colori nell’ora suprema del giorno che muore.
E’ tardi ormai: le ombre si dileguano e tornano al loro riposo, placate forse da un’alata promessa.
Non vi dimenticherò, siatene certi, le vostre flebili voci non si disperderanno nell’etere lontano.

1 commento su “Umbrià”

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