Il Natale si preannunciava ogni sera col suono del mattutino, una scampanata che durava più di un’ora, ed era obbligo partecipare alla novena col canto del Rorate Coeli, una melodia seicentesca per il tempo d’Avvento, parte integrante del repertorio liturgico ambrosiano.
Lo ricordavano i pochi frequentatori della Chiesa prevalentemente donne, la Dora, la Togna e la Rusìn con le tre suore.
Il povero don Giuseppe si sgolava per tenere insieme lo sparuto coro sempre sull’orlo di una rovinosa deriva.
Lo scampanio serale oltre le nove era privilegio di pochi eletti che instancabilmente davano manforte alle tre campane ormai decrepite a causa della loro vetustà.
Con alti e bassi avevano però fatto il loro dovere dal lontano 1865 quando erano state collocate sul nuovo campanile.
Il parroco era contrario alla Messa di mezzanotte che celebrava obtorto collo in ossequio ad una tradizione che si era affermata solo nel dopoguerra.
Diceva, e non a torto, che era la Messa dei ciucch e dei prodigh, di quelli che prima si erano avvinazzati nelle osterie del paese e che durante l’anno partecipavano alla Messa solo in quella circostanza.
Lo indisponevano i canti sguaiati e ridondanti, insieme all’olezzo puzzolente del loro alito.
Ma tant’è: bisognava far buon viso a cattiva sorte se si voleva far giungere qualche messaggio evangelico anche a loro.
La Dora, la sacrestana, poco prima della Messa, faceva calare al centro della chiesa con un apposito saliscendi un grande lampadario a forma circolare, provvisto di 12 candele che illuminavano tutto lo spazio circostante.
Era un’emozione che nessuno voleva perdersi.
Il lampadario negli anni successivi, dopo la partenza di don Giuseppe scomparve misteriosamente, forse ingenuamente ceduto a qualche antiquario in cerca di pezzi rari facendo leva sulla troppo frettolosa smania di applicare la nuova riforma liturgica varata dal Concilio Vaticano II.
Ad addobbare l’altare ci pensavano le buone suore che vi collocavano al centro la statua del bambinello sotto un ramo di pino punteggiato di batuffoli di ovatta per simulare improbabili fiocchi di neve.
La domenica dopo l’Epifania, prima di essere riposto, il bambinello veniva portato processionalmente attorno alla chiesa da un gruppo di ragazze, una sorta di commiato, misto al rimpianto per una festa che lasciava dietro di sé un alone di insopprimibile dolcezza.