Umberto Galeazzi

Presentazione

Il senso di smarrimento di fronte al tempo che fugge, l’angosciosa attesa della morte sono i temi ricorrenti nella poesia di Eldo Umberto Galeazzi. Si avverte neisuoi scritti il rimpianto per la giovinezza, mentre «sfiorisce la rosa di maggio, fuggono le primavere e lento avanza il grigio autunno». L’attonita contemplazione dello spettacolo della natura, dice il poeta, «è così, come il mio animo inquieto e spaurito che ansioso s’adagia in dolce illusione, e non fugge piangente, e non vede i prati fioriti, non sente il profumo del cielo, non ama le umili cose…non gode:questa non è vita!». Dopo un’esistenza di faticoso lavoro, il poeta si è incamminato verso la strada del monte, chiuso in unisolamento senza scampo. «Ora ormai è incominciato il lungo letargo; l’uomo che fu sconvolto dalle più tormentose bufere, ora si è rinchiuso in se stesso «come una lumaca in autunno».Il suo è però un silenzio fecondo perché Galeazzi è convinto che «l’arte ha bisogno di solitudine e di passione». Forse il suoisolamento nasce anche dalla consapevolezza che non bisogna riporre la propria fiducia in quelle persone che si mostranotroppo altruiste e che non sanno neppure recare conforto a chi ha soprattutto bisogno di una parola e di un sorriso amico.
Emilio Rossi


PRIMA DEL TRAMONTO

Ecco, guardando quel fior
che mi donasti,
il mio cuor cessò di battere.
solo un dolce ricordo
resterà per me.
Tu sei una bimba ancora
una farfalla bella.
Anche soffrendo,
io non vorrei rovinare le tue ali.
Vola tu che sei la primavera!
Dimentica quel che ieri ti dissi
e lascia il mio autunno
coi suoi pensieri.


GIOVENTÚ

Gioventù,
tempo dolce e rimpianto,
primavera di vita.
Ti chiama e ti sospira
Chi, ormai deluso e stanco,
ha perso la sua bellezza.
Cielo vario di marzo,
ilare e tormentoso sei
per chi ti vive.
Incerto tra nitide schiarite
e galoppate di nuvole
ancor aspre di rigore invernale
e già soavi di nitido calore.
Il tuo cielo è cangiante,
terso ed infinito,
coperto di soffice
trascolorante bambagia.
È così, come il mio animo
inquieto e spaurito
che ansioso s’adagia
in dolce illusione,
e non fugge piangente,
e non vede i prati fioriti,
non sente il profumo del cielo,
non gode:
questa non è vita!
Mi dico e cerco, cerco
anche il miraggio,
la dolce illusione
che mai non s’avvera.
Intanto sfiorisce la rosa di maggio,
fuggono le primavere
e lento avanza
il grigio autunno.


UN QUARTO DI LUNA CALANTE

Tutta la notte ho vagato:
ora sono stanco
e tento di reagire: attendo l’alba
per vedere il sole
che col suo calore così vivo
spero abbia la forza
di annullare quel pallido quarto di luna
che sembra schernirmi col suo tenue chiarore.
Mi fermo e attendo:
sembra un miracolo quello che vedo.
Il mio cuore ridotto al nulla dalle sofferenze
reagisce vedendo quel sole
che mi dà la forza di rientrare a casa
per essere ancora vicino a colei
che tra poco mi verrà portata via.
Le resto accanto, vicino al suo letto.
La osservo: è più bella che da viva.
Quando la presero,
la baciai per l’ultima volta,
piansi e dissi una preghiera:
quella preghiera che resterà scolpita
nel mio cuore straziato.
Fin che non l’avrò raggiunta
non avrò mai pace
e il suo ricordo mi sarà di strazio
fin che non le sarò accanto eternamente.


INVERNO

La primavera è ormai lontana:
siamo in autunno.
Le rondini han le Alpi già varcate.
Tu, Primavera,
immemore amica mia, dove sei?!
Tu che mi donasti ore felici,
mi lasci entrare nel crudo inverno?
Freme la terra sotto la neve
ed io lentamente la calpesto;
cerco di non rovinare
quel manto bianco.
Non è illusoria la mia speranza,
anzi rimane in me
la sicurezza di sentire
dal vento trasportato
il profumo di pesco
in primavera.


QUESTO CAPITÒ A ME

La vidi un mattino:
era bella veramente.
La rividi, non le dissi nulla.
Ci rivedemmo ancora nel medesimo viale:
lei sorrise. Strana gioia della gioventù.
Rispose al mio sorriso salutandomi.
All’indomani l’attesi, ma non la vidi.
La notte fu lunga e snervante.
Attendevo con ansia il mattino per rivederla.
Passò, divenni rosso nel salutarla
ed anche direi commosso.
Finalmente avrei saputo il suo nome.
Ci incamminammo: i miei occhi sorridevano:
mi feci coraggio e le domandai dove abitava.
Ed ella mi rispose: «Se mi dai ventimila lire
ti faccio vedere il mio salotto».
Restai di ghiaccio: crollai a terra
Come se fosse caduta una valanga
sulla mia testa.


COLMEGNA

Oh Colmegna mia quanto ti amo!
Vorrei essere poeta per dire a te
la mia lirica ardente.
Vorrei essere grande per deporre
ai tuoi piedi la mia gloria.
Vorrei avere il genio,
la scintilla divina dell’arte,
il fremito, il grido possente
che erompe dal petto
in un cantico di trionfo,
sopra tutti gli altri cantici,
sopra tutti gli altri fremiti
per parlare di te Colmegna.
Anche se sei piccola, tu sei grande.
I tuoi abitanti erano povera gente,
ma con cuore aperto, con passione,
con fede e con ansia attesero
i giorni migliori
che ora sono arrivati..


UN RICORDO DI DONNA

Ricordi
la nostra ora felice
nel limpido silenzio del mattino?
Era deserta la piccola piazza:
solo noi stavamo lieti
fra i platani antichi
e lentamente ci dondolavamo
sulle catene di ferro
come bimbi felici
su dorate altalene.
Ora, senza di te
che sei scomparsa,
triste, vuota e fredda
è la città ridente.Perché son tornato?
Forse con la speranza di rivederti,
di darti ancora un bacio?
Giro per le antiche strade,
per incontrarti, per dirti «t’amo!»,
per soffrire
e per ritrovare
nel buio della notte
il desiderio del sole.


COME UNA LUMACA

Non è possibile dirle quello che penso.
Per un solitario come me,
l’unico valore ormai
è quello di rinchiudermi
come una lumaca in autunno
ed uscire forse a primavera,
ai primi temporali.
Non soffrirò,
perché sarò in letargo
e forse il primo raggio di sole
che bacerà i miei occhi
sarà quello che mi indurrà
alla cecità eterna.


SEMBRAVA UN SOGNO

Vai! La pugnalata il mio cuore
l’ha ricevuta.
I tuoi baci sarebbero veleno
se ancora restassi con me.
Perciò la libertà ti dono
con la speranza
di trovare un fiore
sul mio cammino..


LA STRADA DEL MONTE

Vorrei scendere a valle, un giorno,
per incontrare chi mi volle bene.
Ora sono isolato, nessuno mi vede.
Sovente io prego il buon Dio
che mi dia la forza di lasciare questo monte.
Da molto tempo ormai mi trovo solo,
senza possibilità di scampo,
la miseria mi circonda,
le forze mi abbandonano.
Tento di resistere,
ma le mie speranze svaniscono.
È ormai autunno
e attendo l’inverno!
Non posso inveire contro la natura:
io stesso scelsi la strada del monte.
Ora non mi resta che pregare la mia
Santa Caterina che in primavera
vengano trovate le mie spoglie


TEMPESTA DI UN CUORE
STRAZIATO

Io non vedo il lago,
sepolto nelle tenebre notturne,
ma sento la sua voce che chiama,
urla, invoca, disperde la mia pace
con l’eco di misteriose risonanze.
Sento le onde abbracciare le rocce
in una stretta mortale
quasi spinte da un’ira fatale
fuor dagli abissi,
su, contro il cielo, in un’impari lotta.
Un attimo di sosta:
s’avvertono al largo a ricercar violenza
e poi di nuovo frementi
s’infrangono sulla spiaggia.
Io non vedo l’onda
flagellata dai venti e crespata in sommità,
ma odo la sua voce, sento la sua rabbia,
temo la sua potenza
che la notte nera
e l’inclemenza del turbine
fanno più misteriosa.
Un brivido lungo passa nella bufera
ed incrina l’anima trepida ed impaurita.
Altre tempeste io vidi,
e non d’acqua e di venti:
uragani di vita che l’alba non placa
col suo dolce calore,
uragani che l’uomo porta nascosti
nel cuore
ed hanno subdola forza.
Essa non esplode con violenza
come bufera di lago,
non annienta le cose,
ma piano corrode e distrugge la vita.
Eppure ridente è il mio viso
e chiaro lo sguardo,
calma è la voce in questo lento morire,
in questo triste e fatale naufragio
d’anime, di sogni, di dolci illusioni.


OLTRE I MONTI

Sono lontano:
un giorno tornerò da te
se gli alti monti
valicar saprò.
Allora sarà l’inizio
di quel sogno
che per molti anni ormai
nel cuore portai.


SANTA RITA

Io ti ho trovata
nel tuo solitario silenzio.
Il sole ti baciava le mani;
tu mi hai sorriso,
tu mi hai parlato.
La tua voce copriva il vento
ed era più mite dei sospiri di una madre.
Il tuo sguardo benediceva l’umile fiore,
il tuo sorriso a me rivolto
faceva palpitare il mio cuore.
Eri senza profumo d’incenso,
solo tu c’eri e mi parlavi di Dio,
Santa Rita.
Io ti ho ritrovata in questo tuo regno
deserto
e verrò a ritrovarti quando saremo
in tanti:
il vento ululerà attorno a noi
e non disperderà la tua dolce voce.


UN PASSERO

Sì!! Un passero…
Sono qui, sul lungolago di Colmegna.
Lui saltella gioioso
sotto un pallido sole
dopo due giorni di acque torrenziali.
Io lo sto ammirando:
non apre le ali:
saltella in cerca di cibo.
Nessuno lo molesta
e nel suo saltellare
sembra che dimostri
alle persone che gli son vicine
tutta la sua simpatia:
e questo
non è che un passero!


I PROVERBI

L’arte ha bisogno
di solitudine,
di miseria e di passione.
Sii certo
ed ardisci.
Non siate troppo fiduciosi
di quelle persone
che si mostrano altruiste.

 
ALL’EDITORE

Or mi attacco
al cuor
di un editor
che dia il pan
ad un povero
scrittor..

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